Il 19 marzo per molti è la ricorrenza dedicata al padre per antonomasia, San Giuseppe, ed alla festa del papà, ma a Palermo, ed in Sicilia in generale, non è così.
É soprattutto un pretesto per poter gustare questa prelibatezza senza troppi sensi di colpa!
Avete già l'acquolina in bocca, vero? (Bè, io tantissima!)
Ebbene, se volete immergervi in un'esperienza mistica ed assaporare virtualmente questo dolce tipico, mettetevi comodi e godetevi la lettura!
Origini
Il termine deriva, probabilmente, dal latino spongia che significa “spugna”, o altrettanto verosimilmente dall'arabo ﺍﺴﻔﻨﺞ, isfanǧ che indica il medesimo significato. Ciò è dettato dalla tipica consistenza del dolce, che si mostra come una morbida frittella dalla forma irregolare. La sua presenza è testimoniata anche nella Bibbia e nel Corano, sebbene sia chiamato in modo diverso. Il dolce era stato concepito come un semplice pane arabo-persiano fritto in olio, ma furono le suore palermitane del Monastero delle Stimmate di San Francesco (purtroppo non più esistente) che lo modificarono. “Addolcirono” la sfincia e la dedicarono al Santo degli umili, poichè erano umili gli ingredienti di cui era composto. Solo dopo, gli abili pasticceri palermitani lo arricchirono con crema di ricotta, granella di pistacchio, gocce di cioccolato e canditi, consacrandolo a pieno titolo nel pantheon dei dolci siciliani.
Varietà
Esistono delle varianti in giro per la Sicilia, le più caratteristiche sono: la sfincia di Nicosia, simile nell'impasto ma servita con zucchero e cannella, la sfincia di "cucuzza", caratteristica delle Isole Eolie, composta da farina, latte, uova, purea di zucca gialla.
Curiosità
La tradizione vuole che le sfinci fossero preparate dalla suocera per la nuora. L'intento era di appianare i loro rapporti, tipicamente difficili a causa della gelosia nei confronti del figlio, per una, e del marito, per l'altra.